È solo un cane (dicono) – La storia continua

Gambassi è un paesino della Toscana, sconosciuto ai più. Ed è il luogo di un’incredibile coincidenza: lì si è rifugiata la famiglia materna dell’autrice per sfuggire alle persecuzioni nazifasciste e lì, molti anni dopo, è nato Blasco, il suo cane. Marina Morpurgo legge un segno in questa coincidenza e intraprende così un viaggio reale e uno, parallelo, nella memoria, che la porta a considerare con altri occhi la malattia che nel frattempo ha colpito Blasco e la fuga verso la Toscana dei nonni e della madre. Un accostamento insolito, ma solo per chi non comprende come l’amore – per gli animali o per gli esseri umani – possa scavare nell’animo solchi profondissimi, riesca a suscitare emozioni anche negli sconosciuti, arrivi a far comprendere la forza della speranza o la dimensione della perdita. Uscito nel 2016, in questa nuova edizione Morpurgo racconta altre coincidenze e nuovi episodi di questa storia, sempre legati a Blasco e alla sua famiglia. Perché ci sono stati gesti e persone che hanno continuato a illuminare il suo cammino e possono far luce anche sul nostro.

A me piacciono le storie a lieto fine, le storie che finiscono male le odio. No, peggio: mi fanno schifo. Mi uccidono, mi fanno venire voglia di tapparmi le orecchie, sfondare schermi, fare volare libri fuori dalla finestra, prendere a calci la gente, urlare e dire parolacce. Tuttavia la storia che mi accingo a raccontare non so se avrà proprio un lieto fine – anche se in parte comunque vada lo ha già avuto: la Morte che si era presentata alla nostra porta con grandissima urgenza se ne è andata almeno temporaneamente, dopo aver ricevuto una energica pedata nel sedere, assestata da un bel dottore che nei miei pensieri avrà in eterno le fattezze di un angelo. Non lo so come andrà, dunque, perché mentre scrivo ancora non so se il mio cane Blasco resterà ancora a lungo con me, o se l’orrenda malattia, solo momentaneamente sconfitta, me lo strapperà da qui a tre mesi, o quattro, o sei, o un anno, o se magari alla fin fine vinceremo, contro ogni pronostico e al di là di ogni ragionevole speranza.

Un memoir delicato e originale. Con realismo e ironia l’autrice racconta l’affetto, solido e complice, che lega cane e padrone, ma nel farlo esplora anche una vicenda più antica, quella dei suoi familiari scampati alla deportazione durante la Seconda guerra mondiale.

la Lettura

Una storia di dolore (della padrona) e malattia (del cane), che fa un po' piangere e parecchio ridere.

Valeria Gandus, Il Fatto Quotidiano

Gambassi è un paesino della Toscana, sconosciuto ai più. Ed è il luogo di un’incredibile coincidenza: lì si è rifugiata la famiglia materna dell’autrice per sfuggire alle persecuzioni nazifasciste e lì, molti anni dopo, è nato Blasco, il suo cane. Marina Morpurgo legge un segno in questa coincidenza e intraprende così un viaggio reale e uno, parallelo, nella memoria, che la porta a considerare con altri occhi la malattia che nel frattempo ha colpito Blasco e la fuga verso la Toscana dei nonni e della madre. Un accostamento insolito, ma solo per chi non comprende come l’amore – per gli animali o per gli esseri umani – possa scavare nell’animo solchi profondissimi, riesca a suscitare emozioni anche negli sconosciuti, arrivi a far comprendere la forza della speranza o la dimensione della perdita. Uscito nel 2016, in questa nuova edizione Morpurgo racconta altre coincidenze e nuovi episodi di questa storia, sempre legati a Blasco e alla sua famiglia. Perché ci sono stati gesti e persone che hanno continuato a illuminare il suo cammino e possono far luce anche sul nostro.

A me piacciono le storie a lieto fine, le storie che finiscono male le odio. No, peggio: mi fanno schifo. Mi uccidono, mi fanno venire voglia di tapparmi le orecchie, sfondare schermi, fare volare libri fuori dalla finestra, prendere a calci la gente, urlare e dire parolacce. Tuttavia la storia che mi accingo a raccontare non so se avrà proprio un lieto fine – anche se in parte comunque vada lo ha già avuto: la Morte che si era presentata alla nostra porta con grandissima urgenza se ne è andata almeno temporaneamente, dopo aver ricevuto una energica pedata nel sedere, assestata da un bel dottore che nei miei pensieri avrà in eterno le fattezze di un angelo. Non lo so come andrà, dunque, perché mentre scrivo ancora non so se il mio cane Blasco resterà ancora a lungo con me, o se l’orrenda malattia, solo momentaneamente sconfitta, me lo strapperà da qui a tre mesi, o quattro, o sei, o un anno, o se magari alla fin fine vinceremo, contro ogni pronostico e al di là di ogni ragionevole speranza.

Un memoir delicato e originale. Con realismo e ironia l’autrice racconta l’affetto, solido e complice, che lega cane e padrone, ma nel farlo esplora anche una vicenda più antica, quella dei suoi familiari scampati alla deportazione durante la Seconda guerra mondiale.

la Lettura

Una storia di dolore (della padrona) e malattia (del cane), che fa un po' piangere e parecchio ridere.

Valeria Gandus, Il Fatto Quotidiano