Maid

Per una serie di scelte sbagliate, Stephanie Land, diventata madre da poco e costretta a fuggire da un compagno violento, si ritrova in una condizione di povertà assoluta. Mentre lavora duramente per tirare avanti, destreggiandosi tra una serie di sfiancanti lavori domestici, Stephanie scrive. Scrive le storie che nessuno racconta: quelle dei milioni di americani costretti a fare anche due, tre lavori per sopravvivere, a studiare di notte – come lei – con la speranza di un riscatto, a districare quel groviglio di norme e vincoli spesso contraddittori da cui dipende l’assistenza governativa. Perché, in America, essere poveri equivale a essere colpevoli. Ma Stephanie è caparbia, non accetta quella condanna, ed è convinta che, attraverso la scrittura, potrà aprire un varco verso il futuro non solo per sé, ma anche per la figlia. E alla fine ci riesce.

Un memoir che ci fa aprire gli occhi su una realtà che, troppo spesso, rifiutiamo di guardare. E che riesce – miracolosamente – a darci speranza.

“Dieci anni fa scappai da una relazione abusiva e mi trasferii con Mia, all'epoca una bimba di nove mesi, in un rifugio per senzatetto. Avevo duecento dollari in tasca e circa la stessa cifra in buoni spesa, e una famiglia che non poteva aiutarmi. Non solo, ero nel mezzo di una causa feroce per la custodia di mia figlia. Alla fine trovai lavoro come donna delle pulizie. Questa era la mia vita che nessuno conosceva, mentre lustravo quella degli altri, perché apparisse perfetta.”

Le difficili esperienze di Stephanie Land fanno riflettere, ma a colpirci è soprattutto l'idea di quanto in fondo sia precaria la nostra vita quotidiana.

The New Yorker

Stephanie Land racconta il terrore della povertà, l'angoscia di fare anche un solo passo falso e di cadere nel baratro. Un libro indispensabile per capire l'oggi.

The Boston Globe

Per una serie di scelte sbagliate, Stephanie Land, diventata madre da poco e costretta a fuggire da un compagno violento, si ritrova in una condizione di povertà assoluta. Mentre lavora duramente per tirare avanti, destreggiandosi tra una serie di sfiancanti lavori domestici, Stephanie scrive. Scrive le storie che nessuno racconta: quelle dei milioni di americani costretti a fare anche due, tre lavori per sopravvivere, a studiare di notte – come lei – con la speranza di un riscatto, a districare quel groviglio di norme e vincoli spesso contraddittori da cui dipende l’assistenza governativa. Perché, in America, essere poveri equivale a essere colpevoli. Ma Stephanie è caparbia, non accetta quella condanna, ed è convinta che, attraverso la scrittura, potrà aprire un varco verso il futuro non solo per sé, ma anche per la figlia. E alla fine ci riesce.

Un memoir che ci fa aprire gli occhi su una realtà che, troppo spesso, rifiutiamo di guardare. E che riesce – miracolosamente – a darci speranza.

“Dieci anni fa scappai da una relazione abusiva e mi trasferii con Mia, all'epoca una bimba di nove mesi, in un rifugio per senzatetto. Avevo duecento dollari in tasca e circa la stessa cifra in buoni spesa, e una famiglia che non poteva aiutarmi. Non solo, ero nel mezzo di una causa feroce per la custodia di mia figlia. Alla fine trovai lavoro come donna delle pulizie. Questa era la mia vita che nessuno conosceva, mentre lustravo quella degli altri, perché apparisse perfetta.”

Le difficili esperienze di Stephanie Land fanno riflettere, ma a colpirci è soprattutto l'idea di quanto in fondo sia precaria la nostra vita quotidiana.

The New Yorker

Stephanie Land racconta il terrore della povertà, l'angoscia di fare anche un solo passo falso e di cadere nel baratro. Un libro indispensabile per capire l'oggi.

The Boston Globe

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